Tutto è nato da una correzione ad una nostra recensione di qualche tempo fa dell’album Anima latina (1974) di Lucio Battisti. Nei crediti del disco avevamo riportato che fossero due ad avervi suonato la batteria; invece, veniamo a sapere da lui stesso che è stato lui l’unico presente dietro alle pelli come riportato anche nelle stampe ufficiali dell’album. Stiamo parlando di Gianni Dall’Aglio, batterista, autore e compositore (nato a Mantova il 1° ottobre 1945), noto soprattutto per aver fatto parte de I Ribelli, storica band di supporto di Adriano Celentano, Il Volo, band prog composta oltre che da lui da Alberto Radius (chitarra, voce), Mario Lavezzi (chitarra, voce), Vince Tempera (tastiere), Gabriele Lorenzi (tastiere) e Bob Callero (basso) e per la collaborazione con numerosi artisti italiani, tra i quali spicca Lucio Battisti.

Partiamo subito parlando dell’album Anima latina, il gioiellino del duo Battisti-Mogol, una pietra miliare del progressive italiano, inutile dire che ancora oggi è considerato attuale per i tempi. Come è stato partecipare a questo lavoro?
– Anima Latina è l’album di Lucio Battisti che cambia il paradigma nel modo di suonare con lui, già nell’album precedente Il nostro caro angelo, cui avevo partecipato alle registrazioni, stavano nascendo nuovi stimoli musicali rispetto a Il mio canto libero. Con Lucio era così, nuovo disco, nuovi orizzonti musicali.
Con Anima Latina mi ero ritrovato con gli amici Massimo Luca e Bob Callero, insieme avevamo registrato tanti successi di Battisti per questo averli raggiunti in sala di registrazione era un nuovo momento di condivisione. Alcuni giorni prima avevo terminato il tour de Il Volo, quella era la prima volta della band prog che si esibiva nei teatri, mancava Bob Callero al basso elettrico per motivi di liberatoria, sostituito da Sefferian di Roma. Ricordo i primi giorni di lavoro con Lucio che continuava a proporci frasi ritmiche che dovevamo apprendere in pochi secondi per capire se quella era la strada giusta, ma spesso rimodellava cambiando di continuo perché era tutto in divenire. Spesso trovavamo subito le ritmiche adatte, altre volte ci fermavamo per respirare un po’ d’aria fuori dalla sala d’incisione per una pausa di riflessione. Ricordo una volta ero rimasto a suonare la batteria rinunciando a seguire il gruppo e stavo rilassandomi con alcuni pattern che improvvisavo al momento, quando Lucio era rientrato in sala si era avvicinato: “Famme senti sto tempo… continua…” poi aveva preso la chitarra e avvicinandosi si era messo a suonare sopra il mio groove; è nata cosi l’introduzione ritmica di Abbracciala abbracciali abbracciati un po’ per caso un po’ per empatia come spesso accadeva. Se qualcuno di noi proponeva un’idea nel brano che stavamo suonando Lucio era pronto ad accoglierla a patto che gli piacesse tanto! Non facile ma possibile, si fidava dei suoi musicisti con lui il linguaggio musicale era sempre aperto in evoluzione, tutto a memoria!. La difficoltà di alcune ritmiche le portavo a casa, spesso di notte sognavo di riscriverle…
Riascoltando gli arrangiamenti di Anima Latina rimango ancora oggi sorpreso per gli infiniti colori e sonorità che si esprimono in quel genio creativo di Lucio Battisti.
Come è noto, l’album nacque dopo un viaggio della coppia Battisti-Mogol in America Latina. Al loro ritorno avevano già bene in mente cosa volevano realizzare?
– Il lavoro tra loro due è sempre velato da mistero, sono sicuro comunque che la parte musicale fosse gestita interamente da Lucio, malgrado l’idea su come realizzare l’album poteva rimodellarsi durante le session, era quella la parte musicale più creativa degli arrangiamenti.
Tornando ai crediti del disco, chi era il “famoso” Gneo Pompeo?
– Non lo saprei, nei crediti si sono divertiti… forse Reverberi?
Come è stato lavorare al fianco di Lucio Battisti?
– Un’esperienza musicale unica e gratificante.
Sei stato uno dei musicisti che ha partecipato al famoso duetto televisivo di Battisti con Mina, hai qualche aneddoto o un ricordo in particolare legato a quel giorno?
– Sì, prima della registrazione televisiva avevamo assaggiato qualche favoloso tramezzino messo a disposizione dalla Rai, poi eravamo andati nel camerino di Lucio ripassando mentalmente tutti i brani visto che le prove con Mina erano state fatte in gran fretta, poi ci siamo salutati con le parole di Lucio: “Mi raccomando non v’abbuffate!“
Facendo qualche passo indietro, hai iniziato giovanissimo come batterista di Celentano, nel periodo in cui nacquero anche I Ribelli, accompagnandolo quasi per tutta la tua carriera. Come vi siete conosciuti?
– Nel settembre 1959 andai a suonare a Salsomaggiore con il mio complesso l’Original Quartet di Mantova (la mia città) nel Dancing ristorante La Guantara, l’attrazione quella sera era Adriano Celentano. Lui era in ritardo… ma poco prima che iniziassimo a suonare era entrato nel locale con la fidanzata Milena e suo fratello Alessandro, aveva una chitarra Mogar a tracolla, si è avvicinato chiedendo del batterista e chitarrista: “Mi dovreste accompagnare voi…“. Avevo 13 anni e mi accompagnava mio padre, proprio lui aveva detto a Celentano che conoscevo tutte le sue canzoni ma non era vero! “Conosci Tutti frutti?” Io risposi “Vuole quella di Elvis Presley o la versione di Little Richard?” Mi guardò sorpreso… “No quella di Elvis“. Disse la tonalità al chitarrista poi partì a cantare e io dietro con le mie bacchette; ero timido ma quando suonavo mi trasformavo in musica. Andò a cena dicendo: “Va bene tanto i pezzi li sai…” Quella sera Adriano mi chiese di far parte del suo nuovo complesso. I miei genitori accettarono e iniziai a fare le prime serate (cosi si chiamavano a quel tempo i concerti), la prima a Milano Parco Ravizza con 5.000 persone, una rivoluzione per me che avevo suonato nei dancing fino a quel giorno. Eravamo un trio, Adriano Celentano, Gino Santercole, suo nipote alla chitarra ed io. Grandissimo successo… Poi si unirono altri musicisti prima di formare I Ribelli nel 1960.
Nei I Ribelli hai lavorato anche con Demetrio Stratos, cosa ci puoi dire di lui?
– STRATOSFERICO! E stato uno dei periodi più belli della mia vita artistica e dei Ribelli, ne facevano parte Angel Salvador, Natale Massara, Giorgio Benacchio tutti bravi musicisti di grande esperienza. Con l’arrivo dal 1966 di Demetrio Stratos eravamo unici in Italia! Oltre la nostra produzione discografica a quel tempo incidevamo le ritmiche anche per altri artisti.
Nel 1970 la band dei Ribelli si era sciolta lasciando libertà ai suoi componenti di esprimersi liberamente in altre esperienze artistiche.
La band nel 2017 si è riformata ed è partita in tour. Ora a che punto siete?
– Ribelli Forever!
Da solista hai realizzato un album nel 1972, intitolato Sera, mattina, dopodiché non hai avuto più in cantiere altri full length?
– Sono orgoglioso delle mie produzioni da solista, tra l’altro Sera Mattina oggi è un album cult, chi riesce a trovarne sul mercato ha un costo elevatissimo. La mia passione per il ritmo, la melodia e l’armonia porta sempre a creare nuove canzoni, ho in cantiere un progetto, anzi tanti… se Dio vorrà!
Cosa ne pensi della scena rock attuale in Italia?
– Facciamo il possibile… a parte i Maneskin che hanno sfondato giustamente i confini non vedo fenomeni in giro.
La nostra webzine come avrai intuito tratta anche l’heavy metal, tu che rapporto hai con questo genere?
– Negli anni ’70 erano quelli i musicisti che più stimavo, poi ho continuato a trasformare i mie gusti musicali. Io nasco come batterista di Rock and roll, da li prendono origine tanti altri generi tutti figli… quindi W la buona musica!
Grazie per il tempo che ci hai concesso, se vuoi lasciare un saluto ai lettori di URM…
– Per i lettori di URM dedico un saluto e grande abbraccio!

Bene Gianni, bene così.
Con tutto il rispetto x Dede ke non c’è più, la Verità doveva essere ristabilita, e tu ne hai sofferto, lo so, come sai ke io, coinvolto da Dede in un’intervista telefonica con una radio di Roma, mi sono trovato mio malgrado a provare tutto l’imbarazzo possibile nell’ essere testimone di una sua dolorosissima “convinzione”, forse uno sdoppiamanto bipolare, x la quale egli (Dede) kiedeva il mio impossibile consenso ed io, trincerandomi “diplomaticamente” dietro mille “non ricordo”, non ho avuto il coraggio di dire la Verità di Studio k’io ben ricordavo, con te alla batteria, e non quella dei “provini”, in cui in effetti ci fu Dede inizialmente, ma ke suonò sortendo in Lucio più di una perplessità, e fu da lì ke partì la sostituzione con te. Nei crediti cmnq, se non ricordo male, compare “Dodo Nileb alle percussioni”, un “contentino” diciamo.
Ma davvero trasalii qnd vidi l’intervista di Dede con l’amico Carlo Barbero, serissimo ed appassionato cronista di Musica dell’epoca, xké mai avrei immaginato ke Dede arrivasse a prospettare addirittura una “bustarella” (a Lucio?!?) tua x subentrargli… ma su, incredibile proprio!!!
Ma Dede stava male ed io non lo sapevo, e stava x lasciarci…kisssà cosa gli balenò in mente, x tirare su una storia tale, x annettersi una Verità “sua” da lasciare ai posteri, alla quale, x un (credo) suo bipolarismo, fu davvero lui il primo, x una parte certo in buona fede, a credervi.
Reqiuescat in pacem.
"Mi piace""Mi piace"